venerdì 12 dicembre 2014

I PASSERI NEL GELO

Scrissi così, diversi anni fa:

Ho imparato, Layla, quanto
è giusto stendere la mano al disperdersi
dei passeri per fame - senza foga di nutrire,
di salvare. Impazzirei se non sognassi
un Dio che è pane.

(Ora in La gioia è un turbine di quiete. p. 20)

Non è cambiato molto, se non il fatto che i passeri mi sembrano sempre di più, e sempre più briciole vedo nell'aria: disperse dalla mano ferita e benedicente al tempo stesso - quella che si leverà ancora, nell'ultimo giorno, a chiamare a sé, nel più tenero dei gesti, o ad allontanare da sé, nel più terribile, invece, dei suoi atti: l'unico, forse, a respingere così dolorosamente, per sempre, l'unico da quando per mezzo di quella stessa mano, ancora Verbo e voce, parola generata, fu creato l'universo.




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